SCIPIONE E ANNIBALE
La guerra per salvare Roma
Editori Laterza
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“Non poteva evitare di chiedersi se fosse valsa la pena, rinunciare a tutto per rincorrere ciecamente quella che, nel tempo, era divenuta una vera ossessione. Fino dagli anni in cui era maturata la sua giovinezza, Scipione non aveva infatti avuto in mente altro che un’idea, tormentosa e assillante: penetrare i segreti che rendevano invincibile il Cartaginese. Perci? aveva ripercorso mille volte i dettagli delle sue vittorie e ne aveva studiato a fondo tattiche ed espedienti, si era sforzato in ogni modo di cogliere l’essenza del suo modo di intendere e di agire, era giunto fino a imitarne segretamente il contegno e i gesti, a cercare di intuirne e assumerne le pi? intime fissazioni, simile al cacciatore che studia la preda ignara. Forse anche questo lo aveva segnato; ora per?, ne era certo, conosceva Annibale come nessun altro al mondo, e stava finalmente per affrontarlo.
Ma ne era valsa davvero la pena? Sapeva solo una cosa: da quando, sedici anni avanti, aveva visto per la prima volta i cavalieri numidici volteggiare sul suolo gelato della Cisalpina e uno dei loro corti giavellotti infilarsi, insidioso e preciso, in un interstizio della corazza del padre, aveva saputo che quella guerra era, e sarebbe stata sempre pi?, un affare tra lui e Annibale. Ora l’aveva raggiunto e avrebbe potuto confrontarsi faccia a faccia con il suo incubo.
Ora il grande nemico stava l? dove egli lo aveva voluto da sempre, a trenta stadi dal suo campo, ed era impossibilitato a sfuggirgli.” Siamo a Zama, poco prima della battaglia: questo ? il racconto delle vite e delle avventure del romano Scipione e del suo storico antagonista, il cartaginese Annibale.
“Non aveva dormito molto, ANNIBALE, quella notte. Lo aveva tenuto sveglio a lungo il barrire lamentoso degli elefanti. In realt? mentiva a se stesso. Se era rimasto sveglio a lungo, era stato senz’altro per i troppi pensieri. Aveva voluto il colloquio di quella mattina perch? la sola alternativa ad uno scontro dalle troppe incognite era quella di venire a patti; ma intuiva che ogni tentativo di negoziare sarebbe stato inutile. Aveva tuttavia voluto compierlo ugualmente perch? era curioso di incontrare colui che aveva di fronte. Gli pareva, in realt?, di conoscerlo da tempo.
E, addirittura, al giovane rivale si era sorpreso, in quei giorni, a pensar sempre pi? di frequente con simpatia e persino con una singolare e contrastata forma d’affetto. Aveva cercato spesso di figurarselo, e non solo nel sembiante, ma nel formarsi e nell’evolversi della personalit?, immaginandolo quale doveva esser stato negli anni dell’infanzia e della prima giovinezza; ed era giunto a chiedersi se anch’egli fosse stato un bambino prima, un giovinetto poi, solo come lo era stato lui, costantemente escluso dalla normale vita dei coetanei, rispetto ai quali lo avevano separato il rango, l’educazione, l’incoercibile senso del dovere.
Di un fatto, tuttavia, era sicuro; e se, da un lato, se ne sentiva personalmente fiero, dall’altro non poteva fare a meno di compiangere il Romano. Sentiva che Scipione doveva essere vissuto in una sorta di simbiosi a distanza, eppure costante e strettissima, con lui. Purtroppo il Romano era anche, per le sue doti, il rivale pi? pericoloso nel quale ci si potesse imbattere su un campo di battaglia.
Annibale sentiva di stimare quell’uomo, che fin l? non aveva sbagliato una mossa, pi? di ogni altro che avesse mai conosciuto; e tuttavia, per il bene di Cartagine, nei prossimi giorni avrebbe cercato di vincerlo e addirittura di ucciderlo. Necessit?… ‘ananke’, pens?, la pi? dura maestra di vita.”
Scipione e Annibale: antagonisti, affini, speculari. Giovanni Brizzi racconta le loro vite tangenti in un saggio storico che ha il passo del romanzo.
Vedi anche:
http://www.magazine.unibo.it/Magazine/UniBoLibri/2007/06/21/Scipione_e_Annibale.htm